Come vi piace la pastiera?
Domanda d’obbligo in questa Domenica delle Palme, che precede la tanto attesa Settimana Santa, che vedrà moltissime donne cimentarsi nel tradizionale dolce pasquale.
A casa mia, la questione da inizio ad una debacle lunghissima, poiché accanto ai sostenitori di quella classica in grano, c’è chi si schiera a favore della variante in riso, meno diffusa ma comunque deliziosa.
Non semplice pietanza ma rito da assaporare tutti insieme, la pastiera ha un’origine antichissima.
In forma rudimentale, la si associa alle feste pagane, celebranti il ritorno della primavera, durante le quali le sacerdotesse di Cerere portavano in processione l'uovo, simbolo di vita nascente. Un’altra ipotesi, al contrario, la collega alle focacce rituali che si diffusero all'epoca di Costantino il Grande, derivate dall'offerta di latte e miele, che i catecumeni ricevevano nella sacra notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale.
La vera “pastiera”, quella che presto sarà sulle nostre tavole ad allietarci il pranzo, invece, pare abbia avuto origine in un monastero napoletano.
Secondo la tradizione, una suora, nell’intento di preparare un dolce che celebrasse la Resurrezione, decise di mescolare il profumo dei fiori dell’arancio del giardino conventuale, con la bianca ricotta, una manciata di grano e le uova, simbolo di nuova vita. Il tutto mescolato con l’acqua di mille fiori, il cedro e le aromatiche spezie venute dall’Asia.
La stessa Sirena Partenope è strettamente legata all’origine di questo mito culinario.
Si racconta che gli abitanti del golfo, per ringraziarla del suo canto melodioso, con cui allietava le loro giornate, decisero di offrirle in dono tutto ciò che di più caro possedevano.
Le sette fanciulle più belle furono incaricate di recarle: la farina, forza e ricchezza della campagna, la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle, le uova, simbolo della vita, il grano tenero, bollito nel latte a prova dei due regni della natura, l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra volevano rendere omaggio, le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo ed infine lo zucchero, per esprimere la dolcezza profusa dal suo canto.
Partenope, a sua volta, depose le offerte ai piedi degli Dei che, inebriati dalla moltitudine di profumi ed aromi, decisero di mescolare tra loro i vari ingredienti per creare un dolce che potesse eguagliare la beltà del canto della sirena stessa: nacque, così, la Pastiera.
Oggetto di scambio e di reciprocità tra le famiglie, la sua realizzazione prevede milioni di varianti. Con e senza canditi, grano o riso, la variante in pasta ( sì, io ne ho sentito parlare), ecc.
La regola aurea per la realizzazione della pastiera doc, in realtà, non esiste, ma se chiedete in giro naturalmente ognuno dirà che la sua è la migliore. Per sostenere la tesi, si può mettere in gioco di tutto: dalla ricetta tramandata di generazione in generazione, al mistero dell’ingrediente segreto, fino ad arrivate alla scoperta della tecnica di cottura particolare, ovviamente non rivelabile.
Secondo la cultura napoletana, il dolce va preparato tra il giorno del giovedì e quello del venerdì santo, quando tutte le case dei vari rioni si ammantano di odore caldo, dolce e fruttato che nasce dall'acqua di fior d'arancio e dagli ingredienti sapientemente mescolati tra loro.
Ritengo che più o meno qui la tradizione sia la stessa, poiché di pastiere per il momento non ne ho viste e di certo non mi cimento nella realizzazione, perché rischierei un fallimento completo.
L’ultima volta ho provato con un tiramisù e i savoiardi stanno ancora nuotando nel mascarpone, che stranamente non si è mai compattato. Nell’augurarvi una felice domenica, vi saluto.
A presto, Iole.
****************
****************
source: ffffound, highsnobette, net-a-porter
Domanda d’obbligo in questa Domenica delle Palme, che precede la tanto attesa Settimana Santa, che vedrà moltissime donne cimentarsi nel tradizionale dolce pasquale.
A casa mia, la questione da inizio ad una debacle lunghissima, poiché accanto ai sostenitori di quella classica in grano, c’è chi si schiera a favore della variante in riso, meno diffusa ma comunque deliziosa.
Non semplice pietanza ma rito da assaporare tutti insieme, la pastiera ha un’origine antichissima.
In forma rudimentale, la si associa alle feste pagane, celebranti il ritorno della primavera, durante le quali le sacerdotesse di Cerere portavano in processione l'uovo, simbolo di vita nascente. Un’altra ipotesi, al contrario, la collega alle focacce rituali che si diffusero all'epoca di Costantino il Grande, derivate dall'offerta di latte e miele, che i catecumeni ricevevano nella sacra notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale.
La vera “pastiera”, quella che presto sarà sulle nostre tavole ad allietarci il pranzo, invece, pare abbia avuto origine in un monastero napoletano.
Secondo la tradizione, una suora, nell’intento di preparare un dolce che celebrasse la Resurrezione, decise di mescolare il profumo dei fiori dell’arancio del giardino conventuale, con la bianca ricotta, una manciata di grano e le uova, simbolo di nuova vita. Il tutto mescolato con l’acqua di mille fiori, il cedro e le aromatiche spezie venute dall’Asia.
La stessa Sirena Partenope è strettamente legata all’origine di questo mito culinario.
Si racconta che gli abitanti del golfo, per ringraziarla del suo canto melodioso, con cui allietava le loro giornate, decisero di offrirle in dono tutto ciò che di più caro possedevano.
Le sette fanciulle più belle furono incaricate di recarle: la farina, forza e ricchezza della campagna, la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle, le uova, simbolo della vita, il grano tenero, bollito nel latte a prova dei due regni della natura, l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra volevano rendere omaggio, le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo ed infine lo zucchero, per esprimere la dolcezza profusa dal suo canto.
Partenope, a sua volta, depose le offerte ai piedi degli Dei che, inebriati dalla moltitudine di profumi ed aromi, decisero di mescolare tra loro i vari ingredienti per creare un dolce che potesse eguagliare la beltà del canto della sirena stessa: nacque, così, la Pastiera.
Oggetto di scambio e di reciprocità tra le famiglie, la sua realizzazione prevede milioni di varianti. Con e senza canditi, grano o riso, la variante in pasta ( sì, io ne ho sentito parlare), ecc.
La regola aurea per la realizzazione della pastiera doc, in realtà, non esiste, ma se chiedete in giro naturalmente ognuno dirà che la sua è la migliore. Per sostenere la tesi, si può mettere in gioco di tutto: dalla ricetta tramandata di generazione in generazione, al mistero dell’ingrediente segreto, fino ad arrivate alla scoperta della tecnica di cottura particolare, ovviamente non rivelabile.
Secondo la cultura napoletana, il dolce va preparato tra il giorno del giovedì e quello del venerdì santo, quando tutte le case dei vari rioni si ammantano di odore caldo, dolce e fruttato che nasce dall'acqua di fior d'arancio e dagli ingredienti sapientemente mescolati tra loro.
Ritengo che più o meno qui la tradizione sia la stessa, poiché di pastiere per il momento non ne ho viste e di certo non mi cimento nella realizzazione, perché rischierei un fallimento completo.
L’ultima volta ho provato con un tiramisù e i savoiardi stanno ancora nuotando nel mascarpone, che stranamente non si è mai compattato. Nell’augurarvi una felice domenica, vi saluto.
A presto, Iole.
****************
****************
source: ffffound, highsnobette, net-a-porter
3 commenti:
Gorgeous inspiration board! I love the flowers especially...
5 aprile 2009 alle ore 16:08ma che bella la storia della pastiera non la conoscevo!
5 aprile 2009 alle ore 18:25Che meraviglia... questo post è un sogno.
8 aprile 2009 alle ore 14:22E poi, mi viene l'acquolina in bocca.
Pensa che il codice per lasciare il commento è 'mangi'... aaah, le coincidenze !
Posta un commento