Somenthing about Patricia...

lunedì 30 marzo 2009

Patricia Field, la celebre costumista delle star nonché di serie culto come Sex and The City, ha sentenziato che il guardaroba richiede un aggiornamento completo almeno ogni tre anni.
Una sorta di update modaiolo, simile nel concetto a quello che quotidianamente operiamo con il nostro pc. Facile a dirsi mi viene da aggiungere, mentre apprendo la notizia via internet. Perché se con il computer di casa, basta un click e una connessione veloce, per liberarsi in un attimo di vecchi file, immagini e programmi obsoleti e fare l’aggiornamento, totalmente gratuito, con gli abiti la situazione si complica leggermente. Anzi, di più.
Come si fa in un solo momento a liberarsi di vestiti che hanno fatto la nostra storia e ci sono stati vicini in determinati momenti? Come si fa a decidere che dopo i tre anni quella maglietta ancora “nuova”, che fa capolino in mezzo ad una pila di roba, è scaduta? Come?
Tralasciamo per un attimo il lato economico che lei assolutamente non considera, ma a cui noi comuni mortali pensiamo spesso, analizziamo la questione con attenzione.
Prima di tutto la Field non tiene conto della nostalgia. Di quel sentimento “canaglia”, che ti prende ogni qual volta sei costretto a dire addio ad un pezzo di te. Che sia la felpa portata per anni al liceo o la maglia comprata come ricordo in un viaggio estivo a Parigi, milioni di anni fa.
Poi c’è la precauzione. Non posso immaginare di dar via qualcosa di cui potrei poi in seguito avere bisogno. Quante volte dinanzi all’armadio avete esclamato “Se solo l’avessi conservato, adesso non dovrei ricompralo!”. Ecco, è proprio questa la precauzione di cui parlo. Infine c’è la legge modale e quell’eterno ritorno del nuovo, su cui ho intenzione di basare tutta la mia difesa contro l’aggiornamento triennale.
Gli anni ’80, ad esempio, sono ricomparsi in pompa magna quasi trent’anni dopo i primi ’80. Se qualcuno ha in mansarda anche un accessorio, come un paio di occhiali o una giacca, può oggi indossarli, spacciarli per vintage e fare un figurone. Per non parlare delle cinture a vita alta, dei jeans a zampa e di tutta quella serie di revival, che ci hanno fatto scavare nei siti archeologici di casa nostra alla ricerca di qualcosa di sopravvissuto da esibire con fierezza. Questo è il punto. La celebre Patricia si sbaglia di grosso. Se le avessimo dato retta, buttando via tutto quello che non avevamo indossato in tre anni, ( secondo lei ciò significa che non lo faremo più), adesso saremmo totalmente sprovvisti di cimeli fashion da sciorinare ai nostri figli-sorelle-amici più giovani. Saremmo rimasti con in mano solo una serie di abiti e accessori senza storia perché relativamente appena nati e a noi indifferenti, a causa di questa sorta di inafettività che ci costringe a liberarcene velocemente, come si fa con tutti quegli oggetti usa e getta, che fanno una comparsa veloce nella nostra vita, per poi sparire nel nulla. Non voglio trattare i miei vestiti così. Senza amore. La mia risposta è quindi un’altra. Al posto dell’aggiornamento triennale, propongo un rinnovamento logistico. Ogni tre anni, amici, passeremo a riorganizzare la stanza armadio, magari comprando simpatici scatoloni, e nell’evenienza nuovi armadi. Solo così potremmo salvarci dall’idea di un guardaroba a noi estraneo e totalmente insipido. Che ne dite? A me sembra sicuramente la soluzione più consona…















2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bravissima Iole !!!!!
Insomma moralità: andare da Ikea e non da Bergdorf o Saks o Neiman Marcus !

30 marzo 2009 alle ore 12:49
Dudù (Schimera Antonio) ha detto...

Beh, si... avessi i suoi soldi io il guardaroba lo rinnoverei anche ogni stagione

30 marzo 2009 alle ore 15:16

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