venerdì 6 marzo 2009

La partecipazione del “patrizio” Tommaso alla nona edizione del Grande Fratello ha fatto emergere una vecchia querelle: “E’ possibile parlare nel ventunesimo secolo di distinzione tra patrizi e plebei?”.
E’ plausibile distinguere ancora il tessuto sociale in caste basate su rango, titolo e aristocratica origine?
In questa realtà, dove l’aristocratico guarda all’intelligentia borghese per sostenersi – l’epoca dei dazi feudali è passata da un pezzo- e il borghese si rivolge all’aristocrazia come ad un pozzo dove attingere venerande origini e tradizioni secolari- è ancora necessario fare differenza tra nuovo e vecchio ricco?
Prima la Rivoluzione Francese, con la decapitazione materiale del potere e il suo annientamento ideologico, dopo quella industriale, con l’esaltazione del ceto borghese a principio cardine dell’urbanità, a mio avviso sembravano aver risolto in parte il problema. Il borghese senza vantare titolati antenati, grazie al possesso dei mezzi di produzione e di distribuzione dei beni, era riuscito finalmente a conquistarsi un diritto. La possibilità di scelta e di parola, in un mondo fino a poco prima comandato solo dal sangue blu e dal casato blasonato.
Poi basta che un giovane di origini triestine, con un cognome così lungo che a ripeterlo ci si addormenta, si rechi al Grande Fratello parlando di etichetta, di titoli e di champagne per pulire le scarpe, che gli animi si accendono e le nostre conquistate libertà vacillano.
Più che una questione di rango, in realtà, ho visto in Tommaso una questione di snobismo.
Uno snob di quelli simpatici che cerca invano di dimostrare di non essere quello che è e che conseguentemente fallisce miseramente nell’intento.
Un essere snob, non condannabile, dato che ad un reality si va a mostrare quello che si è. Se uno nasce tondo non può morire quadrato così come uno che mangia caviale non potrà abituarsi in un giorno alla mortadella con la focaccia. Mangiata con le mani per di più.
Per distinguersi Tommaso ha giocato la carta del nobile desideroso di ingentilire gli animi volgari dei propri coinquilini, spingendoli verso comportamenti da corte ottocentesca, piuttosto che da periferia borgatara. Ed in questo permettetemelo, non ci ho visto niente di male. Più che di una lotta di classe, ci ho ravvisato la volontà di fornire ai concorrenti sprovvisti, un galateo in carne ed ossa da consultare per migliorarsi.
L’errore di Tommaso è stato un altro: mettere il discorso sul piano della differenza sociale piuttosto che su quella esperienziale, da usare poi come terreno di scontro e incontro reciproco. Se io “patrizio” insegno a te “plebeo” a mangiare il panino con forchetta e coltello ( e credetemi c’è chi lo fa), dovrò poi essere aperto a provare come si vive senza pantofola di cervo e postura rigida, anche se per un giorno. In una sorta di relazione win-win, dove non c’è nessuno che vince, nessuno che perde, ma solo gente che si confronta.
Peccato solo che Tommaso è stato cacciato via così presto.
Un paio di giorni in più e quella postura elegante sarebbe svanita insieme allo spuntare di un po’ di barba incolta. E a quel punto sì, che tra patrizio e plebeo non ci sarebbe stata alcuna distinzione.



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To die 4



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source: Highsnobette

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Che residui tristemente anacronistici, davvero.... !!!

6 marzo 2009 alle ore 19:57
Ivana Zetta ha detto...

deve essere pesantissima! 'notte da Iv

6 marzo 2009 alle ore 22:36
Charmaine Li ha detto...

very very cool tee! thanks for visiting my blog :)

7 marzo 2009 alle ore 05:02
Samantha Memoire ha detto...

the shirt is cute. (:

7 marzo 2009 alle ore 05:49

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